La vicenda della elezione del presidente Mattarella racconta – in otto sedute del Parlamento – la storia della Repubblica in tutti i suoi punti di forza e debolezza. La serenità temporanea raggiunta con le parole del presidente ci rassicura, solo in parte, perché la metamorfosi necessaria dei partiti e dei movimenti non ha una traiettoria visibile ed è ben lontana dalle indicazioni della Costituzione.
La tentazione di un cambio “in corsa” della Costituzione è una “scorciatoia”, perché il tema principale è – e resta – quello di rivisitare la governance dei partiti come organizzazione complessa, democratica, inclusiva, e con valori morali adeguati alla storia che ci sopravviene a velocità inattesa. Senza memoria del passato e progetto morale di lungo periodo i partiti perdono identità evolutiva e la loro storia non potrà che essere temporanea e non contemporanea.
Un anno di emergenza ci avvolge ancora e non solo per i temi della pandemia e del clima; oriente ed occidente ancora litigano su temi di confine fisico ed ideologico e non sanno che anche le due parole – occidente e democrazia – non sono più adeguate a darci una idea del futuro.
Basta accennare ad un solo tema: clima, storia e capitalismo, così come proposto da Dipesh Chakrabarty nel suo bel libro con lo stesso titolo, (edizioni nottetempo). Il saggio parte da una proposizione molto forte che abbraccia sia i temi delle economie dei continenti che le istituzioni di riferimento, con i loro partiti guida: “Per poter esistere una politica complessiva, adeguata ai tempi della storia e della geografia che ci circonda, approfondiamo il tema del cambiamento climatico; esso ci aiuta a porci una questione profonda e non aggirabile.
La prospettiva è molto complessa e riguarda la constatazione che gli umani sono gli ultimi arrivati nella vita del pianeta e sono in una condizione più simile a quella di ospiti temporanei, che di padroni del mondo che verrà”. La narrazione di chi ha responsabilità politiche – e che ha la pretesa di governare le nostre vite quotidiane – deve fare un salto culturale adeguato alla complessità che ci sopravviene, elaborando un racconto su come faremo parte della comunità di destino a cui vogliamo o dobbiamo appartenere.
Diversamente, chi ha la pretesa della guida politica, sparirà molto prima dalla nostra mente e dal nostro modo di far parte della comunità aperta a cui dovremo necessariamente appartenere per non cadere in malinconia civile.
Le riflessioni sopraggiunte negli ultimi giorni non hanno risolto questi dilemmi, le crepe restano e non bastano poche iniezioni di fiducia per uscire dai dubbi, apprendere ad apprendere è, allora, la sola chiave per riconoscere la possibile direzione culturale, e per guardare nel buio che ci circonda e scoprire le stelle che non vediamo.
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Pasquale Persico nato nel 1946 Ordinario di Economia Politica ,$cienze della Comunicazione - Università di Salerno dal 1987 Ha insegnato Economia Politica, Econometria, Politica economica ed Economia Italiana nelle università di Bari; di Napoli (Orientale e Parthenope e Federico Il); delle Calabrie e di Roma (la Sapienza) Premio Saint Vincent per l’Economia, 1981 Research Scholar presso la London School Of Economics e Visiting presso 11 SfflCED della stessa Scuola 1984,85 Consultant OCDE presso la Divisione Scienze e Tecnologia Direttore del Dipartimento di Scienze Economiche -Università di Salerno dal 1987 al 2000 e dal 2006 al 2012 Attualmente è Rettore Ateneo Nomade e Triangolare - Città del Parco.