di Massimo Reina
“Non possiamo voltare le spalle”, tuona Sergio Mattarella dal Colle più alto, ricordando i migranti morti nel Canale di Sicilia nel 2015. Parole nobili, profonde, scolpite nel marmo della coscienza repubblicana. Un inno all’umanità, alla memoria, alla civiltà. Così nobile da commuovere anche un tornello arrugginito della metro.
Ipocrisia di Stato: le spalle voltate a comando
Poi però, voltato lo sguardo verso Gaza, la schiena si gira eccome. Quando il Parlamento europeo vota per interrompere le forniture militari a Israele, l’Italia si astiene. Quando si propone un cessate il fuoco immediato, i nostri rappresentanti votano contro. Quando si chiede il riconoscimento del diritto internazionale e la fine del massacro dei civili, il governo prende tempo, balbetta, o semplicemente fa finta di niente. E il Quirinale? Silenzio. Nessun messaggio. Nessuna indignazione per i bambini palestinesi sotto le macerie. Nessun accenno a quel sentimento di umanità che, a quanto pare, si attiva solo a targhe alterne.
Anzi, per non farci mancare nulla, accogliamo Netanyahu come se fosse Gandhi col codino. Col tappeto rosso e le fanfare. Uno che — secondo le stime dell’ONU — è direttamente responsabile della morte di oltre 30.000 persone in pochi mesi, la maggior parte donne e bambini. Ma per noi è un capo di Stato. Un partner. Un esempio. Un genocida sì, ma presentabile.
Gaza non merita una corona di fiori?
Poi ci sono i jihadisti. Non quelli delle barche, no. Quelli buoni, da salotto. Quelli che armiamo sotto banco, che accogliamo ai convegni, che premiamo col passaporto diplomatico se fanno comodo a Washington o Bruxelles. Anche loro passano davanti al Quirinale senza problemi. Se portano una cravatta al posto della cintura esplosiva, va tutto bene.
Vale lo stesso per l’Ucraina. Mattarella è pronto a commemorare chi fugge dalle guerre, ma poi benedice ogni spedizione di armi verso l’Est, chiude le porte a mediazioni, rifiuta ogni apertura diplomatica, e si appiattisce su una linea che della pace conserva solo il nome nei titoli dei TG.
E intanto, a Lampedusa, i migranti continuano ad annegare. I naufraghi si trasformano in seccature da “governare”. “Non possiamo restare indifferenti”, dice.
Vero. A patto che le vittime siano fotogeniche, le guerre approvate dalla NATO e le bombe gentilmente offerte da Leonardo o Rheinmetall.
Voltarsi dall’altra parte
L’Italia, dice il Presidente, “non può voltare le spalle”. Ma lo fa ogni giorno. Lo fa davanti a Gaza. Davanti a un popolo bombardato, affamato, imprigionato. Lo fa quando si rifiuta di parlare con chi è scomodo. Quando accetta senza fiatare la legge del più forte. Quando si inginocchia — e non per pietà cristiana — ma per obbedienza geopolitica.
E allora il problema non è voltare le spalle. È piegarsi.
È flettere la schiena, a novanta gradi, davanti a chi detta l’agenda globale, mentre a chi muore davvero, sotto le bombe o nel Mediterraneo, si riservano solo fiori e dichiarazioni solenni — purché siano a uso interno, e non disturbino gli alleati.
La civiltà non si misura dalle parole nei discorsi commemorativi.
Ma da ciò che si è disposti a dire — o a tacere — quando il presente bussa con il suo carico di sangue.