di Massimo Reina
In Italia, ogni 25 aprile, si compie un miracolo laico. Per un giorno intero, anche chi ha firmato le peggiori restrizioni delle libertà individuali si mette la spilla rossa al petto, si finge partigiano, cita Sandro Pertini, intona “Bella Ciao” con l’intonazione di un frigorifero rotto, e si fa fotografare sotto qualche busto di bronzo mentre pontifica su libertà, diritti e antifascismo.
Ma è un antifascismo di cartapesta, un rigurgito da cerimoniale, una pantomima che ha il sapore acido dell’ipocrisia. Perché se davvero i nostri nonni hanno combattuto contro un regime che toglieva la libertà di stampa, di parola, di dissenso, di voto... oggi chi si fa paladino della “memoria resistente” dovrebbe arrossire davanti allo stato delle cose.
Chi ci governa oggi – da Bruxelles a Palazzo Chigi, passando per Strasburgo – o sta alla (finta) opposizione dov’è stata relegata da milioni di elettori schifati dalla loro stupidità, si riempie la bocca con parole come “democrazia”, “libertà”, “costituzione”, mentre partorisce meccanismi da stato di polizia economica e sorveglianza digitale. Ce lo vogliamo dire? O è troppo scomodo per chi ha fatto carriera tra un comizio commemorativo e una firma sotto un trattato europeo?
Il Reich di Bruxelles
Il 25 aprile del 1945 abbiamo cacciato i nazisti. Ma oggi ce li ritroviamo in giacca e cravatta a Bruxelles, con un badge da funzionario europeo, una penna Montblanc e una dichiarazione pronta per i giornali. Oggi la sovranità è un ricordo d’infanzia, il Parlamento conta meno di un consiglio d’istituto, e ogni elezione viene corretta, monitorata, addolcita da qualche giudice supremo che “vigila” sul voto come un cane da guardia.
I “nuovi liberatori” sono quelli che ti impongono la moneta, l’agenda energetica, la linea editoriale, la guerra giusta, l’alleato sbagliato. Loro ti spiegano cosa puoi dire, cosa devi pensare, e quando protesti, ti rispondono che è per il tuo bene. La libertà oggi si chiama “compliance”.
Eppure il 25 aprile sfilano tutti. Come se bastasse una corona d’alloro e una frase precompilata per lavarsi la coscienza. Sfilano i professionisti dell’antifascismo a tempo pieno, che ti danno del fascista se osi dubitare della NATO o della BCE (vero, signori del PD?).
Sfilano gli intellettuali della domenica, quelli che parlano di partigiani ma non hanno mai letto un verbale del CLN. Sfilano i politici che, il resto dell’anno, passano le leggi più illiberali dai tempi della Legge Reale. Il 25 aprile è diventato il presepe laico della sinistra da salotto. Un rituale spento, dove ci si commuove davanti al monumento e poi si vota per chi taglia i fondi alle scuole, invia armi in Ucraina, firma accordi con le dittature africane per bloccare i migranti nei lager del deserto. Viva la Resistenza, però con la NATO.
Loro celebrano la Resistenza. Ma resistono solo alla verità.
Questa non è più la Festa della Liberazione. È la Sagra dell’Ipocrisia. Il giorno in cui chi ha svenduto la democrazia celebra il coraggio di chi ha dato la vita per non dover mai più obbedire a ordini venuti dall’alto. Il giorno in cui chi ci ha riempito di basi militari americane parla di “indipendenza nazionale”. Il giorno in cui chi ha autorizzato la censura online, la chiusura delle piazze, la schedatura dei dissidenti, pontifica sulla libertà di pensiero.
La verità è che se oggi i nostri nonni partigiani fossero vivi, si coprirebbero gli occhi. Per la vergogna. Perché non c’è niente di più offensivo per la memoria della Resistenza che vederla trasformata in un rituale vuoto, in un selfie col fazzoletto rosso, in una bandiera usata per nascondere le proprie complicità.
I partigiani di oggi sono disoccupati, precari e zittiti
E i partigiani? Quelli veri, non quelli di professione con la bandierina ANPI e il sussidio statale? Quelli che sono saliti in montagna con un fucile e senza futuro? Spariti. Morti dimenticati.
Oggi i nuovi partigiani sono i medici che scioperano per la sanità pubblica, i giornalisti licenziati per aver scritto la verità, i ragazzi manganellati per aver chiesto il cessate il fuoco a Gaza, i lavoratori che si impiccano nei magazzini Amazon. Ma nessuno li celebra. Nessuno depone corone per loro.
Liberi, ma da chi?
Settantanove anni dopo la fine del fascismo, siamo davvero liberi?
- Libertà di stampa: l’Italia è al 41° posto nel mondo, dietro Namibia e Capo Verde.
- Libertà d’informazione: i TG sono controllati dai partiti e Mediaset detta l’agenda a Palazzo Chigi.
- Libertà di sciopero: ogni volta che un sindacato proclama uno sciopero, il Garante lo ridimensiona o lo annulla.
- Libertà di dissenso: se protesti, sei filo-russo. Se critichi Israele, sei antisemita. Se difendi la Costituzione, sei no-vax, no-euro, no-futuro.
Siamo liberi di obbedire, liberi di votare senza cambiare nulla, liberi di sopravvivere con un contratto a tempo, liberi di lavorare fino a settant’anni per una pensione da fame.
Il 25 aprile non va solo celebrato. Va onorato. Con i fatti. Con le scelte. Con il coraggio. Con la coerenza. Ecco perché oggi, più che mai, servirebbe una nuova Resistenza. Una Resistenza culturale, civile, sociale. Contro l’ipocrisia, contro la propaganda, contro la cancellazione del pensiero critico.
Perché senza libertà vera, il 25 aprile è solo una data sul calendario.
E noi, i figli di quella liberazione, rischiamo di diventare gli orfani di una libertà svanita.