Il mondo cambia, ma noi guardiamo dall’altra parte
di Paolo Di Mizio
Negli anni ’60 i giapponesi venivano in massa in Europa, fotografavano tutto e poi, a casa, imitavano le nostre auto e le ottiche di precisione. Noi ridevamo, ridevamo. Ma dopo pochi anni, sviluppando le loro tecnologie, divennero la seconda potenza economica mondiale.
Lo stesso accade con la Cina. Noi ci arrocchiamo nel nostro orgoglio e pregiudizio e molto provincialismo, credendo che i cinesi fabbrichino bambole gonfiabili, secchielli per la spiaggia e altre cianfrusaglie. Ma la rivista Nature pubblica la classifica delle università leader mondiali della ricerca: nelle prime 10, ben 7 sono cinesi. Le altre sono l’americana Harvard (al 2° posto), una tedesca (al 3°) e una francese (al 7°). La prima cinese ha il doppio dei crediti di Harvard e il quadruplo della tedesca.
Siamo ingannati da una stampa mendace e quindi ci stupiamo che la Cina produca Intelligenza Artificiale migliore di quella americana a costi inferiori, e fabbrichi auto elettriche con 1200 km d’autonomia mentre le nostre arrancano sotto i 600. Nelle grandi città cinesi i taxisti sono quasi scomparsi: i taxi sono senza guidatore, gestiti dall’IA. La Cina è anni luce avanti: Trump, che l’ha sfidata, prenderà una botta sui denti.
Lo stesso accadrà forse con la Russia, dipinta come un Paese primitivo. Amici che la visitano spesso parlano di una società scintillante, in crescita, nonostante la guerra: “È tutta un cantiere a cielo aperto” mi dice uno di loro.